Che fosse una vampira era fuor di dubbio. Aveva la pelle color bianco marmo, la sua consistenza un milione di volte più liscia e compatta di quella umana, e splendeva nonostante il cielo coperto. Se non fosse stato per la pelle, sarebbe stata l’immobilità a tradirla. Soltanto una statua o un vampiro potevano restare così perfettamente immobili.
Aveva i capelli biondi, chiarissimi, quasi platino. Ecco cos’era il riverbero che mi aveva catturato l’occhio. Le scendevano dritti come un regolo, divisi da una riga in mezzo, fino all’altezza del mento.
Per me era una perfetta sconosciuta. Ero più che sicura di non averla mai vista prima, nemmeno quand’ero umana. Nessuna delle facce che fluttuavano nella mia memoria melmosa corrispondeva alla sua. Eppure la riconobbi immediatamente dagli occhi color oro cupo.
Alla fine Irina si era decisa a venire.
Rimasi a fissarla per un momento e lei ricambiò il mio sguardo. Chissà se anche lei aveva capito subito chi ero. Alzai un braccio a metà, per accennare un saluto, ma le sue labbra si contrassero impercettibilmente e le diedero un’espressione di colpo ostile.
Dalla foresta giunsero il grido di vittoria di Renesmee e l’ululato rimbombante di Jacob, e vidi Irina corrugare il viso pensosa quando, qualche istante dopo, il suono echeggiò fino a lei. Il suo sguardo virò leggermente a destra e sapevo cosa avrebbe visto: un enorme licantropo fulvo, forse proprio quello che aveva ucciso il suo Laurent. Da quanto ci stava osservando? Abbastanza a lungo da aver assistito al nostro scambio di effusioni, ne ero certa.
La sua espressione si piegò in una smorfia di dolore.
D’istinto allargai le braccia in un gesto di scuse. Lei tornò a fissarmi e arricciò il labbro superiore scoprendo i denti. Un ringhio le fece scattare la mascella.
Quando la sua debole eco giunse fino a me, Irina era già scomparsa nella foresta.
«Merda!», mugolai.
Mi lanciai fra gli alberi nella direzione presa da Renesmee e Jacob, perché non mi andava di non averli sott’occhio. Non sapevo da che parte si fosse diretta Irina, né fino a che punto fosse furiosa. La vendetta era una vera fissa per i vampiri, un impulso difficile da eliminare.
Correndo a tutta velocità mi bastarono due secondi per raggiungerli.
«Il mio è più grosso», stava insistendo Renesmee quando irruppi dai fitti rovi nella piccola radura in cui si trovavano lei e Jacob.
Nel notare la mia espressione Jacob appiattì le orecchie; si acquattò, teso in avanti, scoprendo i denti, il muso striato del sangue della preda. Con gli occhi scrutava la foresta. Potevo udire il brontolio che gli stava montando dalla gola.
Renesmee era all’erta quanto lui. Lasciato cadere un cervo morto, balzò fra le mie braccia tese, premendomi sul viso le manine indagatrici.
«Forse è stata una reazione esagerata», rassicurai entrambi. «Credo che vada tutto bene. Aspettate».
Tirai fuori il cellulare e premetti un tasto di chiamata rapida. Edward rispose al primo squillo. Jacob e Renesmee ascoltavano attenti mentre lo aggiornavo.
«Vieni qui e porta anche Carlisle», trillai così rapidamente da dubitare che Edward riuscisse a seguirmi. «Ho visto Irina, e lei mi ha visto, ma poi ha notato Jacob, si è arrabbiata e se ne è andata, credo. Qui non si è vista — non ancora, perlomeno — ma mi è sembrata parecchio sconvolta, per cui magari si avvicinerà. In caso contrario, tu e Carlisle dovrete inseguirla e parlare con lei. Non sono tranquilla».
Jacob borbottò.
«Trenta secondi e siamo lì», mi assicurò Edward e riuscivo a udire il fruscio del vento prodotto dal suo slancio.
Ci fiondammo di nuovo verso la radura e aspettammo in silenzio, io e Jacob con le orecchie tese nello sforzo di percepire l’eventuale arrivo della sconosciuta.
Il suono che udimmo, però, era più che familiare. Un istante dopo Edward era al mio fianco, seguito a breve distanza da Carlisle. Fui sorpresa di sentire un tonfo pesante di grossi artigli alle spalle di Carlisle, ma immagino che non avrei dovuto stupirmi. Con Renesmee in pericolo, era ovvio che Jacob chiamasse rinforzi.
«Era su quel crinale», dissi tutto d’un fiato, indicando il punto. Se Irina stava scappando, aveva già un bel vantaggio. Avrebbe dato ascolto a Carlisle? Ripensando alla sua espressione, ne dubitavo. «Forse dovreste portarvi dietro anche Emmett e Jasper. Aveva un’aria molto... sconvolta. Mi ha ringhiato contro».
«Cosa?», disse Edward irritato.
Carlisle gli posò una mano sul braccio. «È in lutto. Vado io».
«Vengo con te», si offrì Edward.
Si scambiarono una lunga occhiata. Forse Carlisle si chiedeva se fosse il caso di sfruttare le qualità telepatiche di Edward, malgrado fossero viziate dalla rabbia nei confronti di Irina. Alla fine annuì e partirono sulle tracce della vampira senza chiamare né Jasper né Emmett.
Jacob sbuffò impaziente e spinse il naso contro la mia schiena. Probabilmente voleva portare Renesmee al sicuro, per non correre rischi inutili. Fui d’accordo con lui, e ci precipitammo a casa con Seth e Leah che correvano al nostro fianco.