Fece scattare dieci volte il
«Per oggi basta così» disse poi. «Conserviamo il resto delle munizioni per quando farà buio. E adesso diamo un’occhiata a queste piante. Lo sai che cosa mi ricordano?»
«Alghe marine giganti» rispose pronto Jimmy.
«Bravo. Azzeccato. Chissà che cosa c’è in quei baccelli… Hai per caso un temperino? Grazie.»
Con la punta del temperino, Gibson forò una delle minuscole bacche nere. Evidentemente contenevano gas, e a pressione considerevole, perché mentre il coltello penetrava si sentì un debole fischio.
«Che strani» disse Gibson. «Prendiamone un campione da far vedere agli altri.»
Con qualche difficoltà staccò una lunga foglia tagliandola presso le radici. Dall’estremità recisa fluì un liquido denso, di colore scuro, che formava minuscole bollicine gassose. Con quel trofeo sulla spalla, Gibson prese la strada del ritorno.
In quel momento non sapeva di portare con sé l’avvenire di un mondo.
Percorsi pochi passi incontrarono una zona di vegetazione più fitta, e dovettero deviare. Avendo il Sole come guida non correvano pericolo di perdersi, perciò non si preoccuparono di ricalcare il cammino percorso in precedenza.
Gibson camminava in testa, ma procedeva con una certa fatica e stava già meditando di sacrificare l’orgoglio e chiedere a Jimmy di sostituirlo, quando notò con sollievo di essere arrivato a un sentiero serpeggiante che portava più o meno nella direzione giusta.
Per un eventuale osservatore quella sarebbe stata una interessante dimostrazione della lentezza di certi processi mentali. Gibson e Jimmy infatti percorsero un buon tratto, sei lunghi passi almeno, prima di rendersi conto della semplice ma strabiliante verità che i sentieri, di solito, non si tracciano da soli.
«I nostri due esploratori non dovrebbero essere già tornati?» disse il pilota ancora occupato assieme a Hilton a smontare i fari dal lato inferiore dell’ala dell’aereo. Il lavoro era andato abbastanza bene, e Hilton sperava di trovare a bordo dell’apparecchio un cavo sufficiente per portare i forti riflettori sufficientemente lontano dalla roccia in modo che fossero visibili da Phobos non appena il satellite fosse sorto di nuovo. Certo non avrebbero avuto la luminosità del
«È molto che sono fuori?»
«Circa quaranta minuti. Spero che siano stati tanto intelligenti da non perdersi.»
«Gibson ha troppo buon senso per commettere imprudenze. Però non mi fiderei molto di Jimmy… Ha la fissazione di scoprire i Marziani!»
«Oh, eccoli. Hanno l’aria di avere molta fretta.»
Il fatto che Gibson e Jimmy tornassero dopo un tempo ragionevole rappresentava il trionfo della prudenza e del senso di autodisciplina.
Per un minuto buono avevano fissato sorpresi e increduli lo stretto sentiero serpeggiante tra le sottili piante brune. Sulla Terra niente sarebbe stato più banale: sembrava in tutto e per tutto un tipico sentiero tracciato dal passaggio del bestiame lungo i monti, o dagli animali selvatici in una foresta. Era stato proprio per il suo aspetto così familiare che non l’avevano notato subito, e anche quando avevano preso improvvisamente coscienza della realtà, avevano cercato di spiegarla con ragionamenti normali,
Gibson aveva parlato per primo, ma sottovoce, quasi nel timore che qualche misterioso essere invisibile potesse sentirlo.
«È un sentiero, Jimmy, un sentiero bello e buono! Chi può averlo tracciato, in nome di… Nessuno è mai stato qui, sinora.»
«Dev’essere stato qualche animale.»
«E parecchio grosso, anche.»
«Forse grosso quanto un cavallo.»
«O una tigre.»
Quest’ultima osservazione provocò un silenzio inquieto. Poi Jimmy aveva detto: «Be’, se tentasse di assalirci, credo che il vostro
«Bisognerebbe che avesse gli occhi» aveva obiettato Gibson. «E se invece fosse dotato di sensi completamente diversi dai nostri?»
Era evidente che stava cercando una buona scusa per andarsene di lì alla svelta.
«In ogni caso sono sicuro che siamo in grado di correre più in fretta e di saltare più in alto di qualsiasi animale o essere marziano.»
Gibson si era augurato che l’affermazione del ragazzo fosse dettata più dalla logica che dal desiderio d’avventura.
«Comunque non intendo correre rischi» aveva detto in tono fermo. «Adesso andiamo subito ad avvertire gli altri. Poi decideremo sul da farsi.»