— Succede qualcosa capace di far precipitare la situazione creata. — Raven s’interruppe un attimo per cercare un esempio. — Uno scheletro viene
— Mentre Thorstern se ne sta a ridere in disparte — concluse Kayder.
— Avete afferrato il concetto. Con l’aiuto dell’umanità atterrita, scova tutti gli insettivoci che esistono e ne estingue la razza. Segue un periodo calcolato di pace e tranquillità, poi i servizi di propaganda iniziano il loro gioco con la nuova vittima: i microtecnici, per esempio.
— Non farà mai una cosa simile.
— Forse no… e forse sì. Avete visto l’ultimo romanzo sceneggiato, sullo spettroschermo?
— No. Ho modi migliori per perdere il mio tempo.
— Avete mancato un’occasione interessante. Parlava di mutanti.
— Spettacoli del genere se ne sono già visti.
— Infatti. Quello spettacolo poteva anche essere privo di significato. O poteva anche essere l’inizio di una insidiosa campagna per sterminare tutti quelli che hanno dei poteri paranormali. — Raven, fece una breve pausa, poi aggiunse: — L’eroe era un telepatico, e il malvagio un insettivoco.
— Non farà mai una cosa simile — ripeté Kayder con rabbia. — Lo ucciderei!
— È quello che vi avevo chiesto. Sono venuto da voi perché eravate in debito di un favore. E anche perché fino a pochi giorni fa eravate il capo di un gruppo assortito di mutanti che probabilmente potete ancora radunare. Avete in mano una forza notevole e siete in grado di usarla. Lasciate che Thorstern viva in pace, ma tenetelo d’occhio, per vedere che strada prende. Se vi accorgete che ha intenzione di sconvolgere il genere umano…
— Non vivrà abbastanza — promise Kayder con decisione. — Ma non per farvi un favore. Soltanto per proteggere me stesso. In questo caso non avrei il minimo scrupolo. Si tratta di legittima difesa. — Guardò Raven attentamente. — Immagino che
— Niente — disse Raven alzandosi.
— Niente? Perché mai?
— Forse, al contrario di voi, sono incapace di fare qualcosa per difendermi. — Aprì la porta. — O forse mi piace l’idea di diventare un martire.
— Se si tratta di una battuta, non la capisco. Se non lo è, allora
17
Raven si sdraiò nella poltrona pneumatica e si rivolse a Leina. — Ci saranno altre interferenze, se gli avvenimenti lo richiedono. Ma non da parte nostra. I progetti degli esseri umani saranno ostacolati da altri esseri umani. Sei contenta di questo?
— Avrei preferito che fosse stato così fin dall’inizio — rispose Leina in tono aspro.
— Hanno pure diritto al loro piccolo frammento di destino, non ti pare?
Leina sospirò rassegnata. — Il guaio dei maschi è che non crescono mai. Rimangono incurabilmente romantici. — Girò lo sguardo per fissarlo negli occhi. — Sai benissimo che dobbiamo limitarci a difenderli dai Deneb… questi fragili bipedi.
— Pensala come vuoi — disse Raven per concludere l’argomento. Era inutile discutere con lei… dato che aveva ragione.
— Inoltre — riprese Leina — mentre ti occupavi di affari trascurabili, io sono rimasta in ascolto. Dodici astronavi nere sono state viste nella regione di Vega.
Raven si irrigidì. — Vega! È il punto più vicino che abbiano mai raggiunto.
— Potrebbero anche venire più vicini. Potrebbero raggiungere questo Sistema Solare. O potrebbero allontanarsi in un’altra direzione e lasciare questo settore cosmico per altri diecimila anni. — Non disse altro, ma Raven comprese perfettamente. — È un brutto momento per correre rischi inutili.
— Un errore tattico non ha importanza, quando abbiamo la capacità di nasconderlo e correggerlo — rispose Raven, quindi si alzò. — Vado in cupola ad ascoltare.
Di sopra si accomodò, aprendo la mente, e cercò di isolare dal chiacchiericcio dell’etere la parte di dati provenienti dalla regione di Vega. Non era facile. C’erano tantissime voci che si accavallavano…