Intorno alla croce vicino al palazzo sopra la base giace con la faccia stesa a terra un uomo vestito di sacco, cinto di corda traverso i fianchi, nudo le braccia, le gambe, i piedi scalzi; le chiome folte e sordide gli si ripiegano sopra la fronte; le mani tiene giunte in atto di orare: estenuato più che a corpo tuttora vivo si sarebbe creduto possibile; se mai vedeste il san Giovanni dal Donatello condotto in bronzo, avrete idea più completa di questa creatura e a me risparmierete la fatica di meglio efficacemente descriverla. Costui aveva nome Pieruccio. Chi è Pieruccio? Nessuno sa dire se venisse a Firenze piovuto dal cielo, o se ve lo avesse balestrato la terra, come il vulcano una pietra; quanti anni contasse ignoravano: la sciagura aveva prevenuto l’età nella rovina, e il tempo non trovò ruga da aggiungere o contorno da guastare; le intemperie perdevano forza sopra di lui, le infermità non l’offendevano; forse le tribolazioni alle quali va sottoposta la rimanente specie umana volevano rispettare intanto quel santuario di dolore.
I fanciulli quando lo udivano profetare per la via, gli gridavano dietro: Pazzo! pazzo! – e ai gridi aggiungevano sassate e offese d’ogni maniera. Il povero Pieruccio si volgeva e in suono pietoso domandava: Perché mi offendete? Ma i fanciulli, tratti da naturale vaghezza a mal fare, ché in ciò mi trovo d’accordo con santo Agostino
[16], non gli attendevano, anzi vieppiù lo infestavano, sicchì talvolta, la pazienza mutata in furore, ne afferrava alcuno, la mano alzava a percuoterlo, ma, vinto all’improvviso da tenerezza, lo rimandava baciandolo e benedicendolo. In Gerusalemme per avventura lo avriano adorato, poi forse crocifisso come profeta; a Firenze alcuni lo salutavano santo, più molti lo tenevano matto; chi avesse ragione non saprei, e chi torto nemmeno; forse dipendeva dal punto del quale lo consideravano; certamente amava la patria. Quando gran parte della milizia ebbe passata la croce, ecco ad un tratto lui balza in piedi come tolto fuori di sì, porge la destra mostrando un teschio umano al popolo ed esclama:“Meglio per voi se le vostre teste fossero come questa inaridite; almeno qui dentro stanziano le formiche e talvolta anco le vipere, nelle vostre poi non trova luogo nì anche un pensiero. La maledizione di Dio vi ha percosso; – avete gli occhi e non vedete, avete gli orecchi e non ascoltate. Guai a te, o Firenze! Chi vuole intendere intenda”.
Frattanto Malatesta e la sua comitiva si accostano tanto alla croce che di leggieri possono intendere le parole del profeta. Il Pieruccio nel vederselo comparire davanti non muta aspetto, non varia discorso, anzi indirizzandosi baldanzoso al Baglione, “Ecco”, – esclama, – “ti riconosco all’impronta di Caino; nì cotta di arme nì carne od ossa nascondono allo sguardo di Cristo il pensiero del tuo cuore. Altri ha tradito il Figliuolo di Dio, tu ne tradisci la figlia… però che la libertà nacque del primo palpito di compassione che il Creatore sentì per la sua creatura… Pentiti! Se Giuda ì tormentato settanta volte, tu lo sarai settanta volte sette…”
“Toglietemi dinanzi quel pazzo!” – grida Malatesta con labbri tremanti… – “cacciatelo via… trucidatelo…”
“Addosso! Al matto! Ammazzatelo! Ammazziamolo! – Ì un profeta. – Se la intende col diavolo. – Tacete, impostore, avrebbe dato la posta al diavolo a piì della croce? – Ì un santo, vi dico. – Un ladro, ammazziamolo”. Così le turbe; e il Pieruccio, con tale una voce che superò il mugghio delle turbe proruppe:
“Tu sarai tormentato settanta volte sette!”
Frattanto Signoria e il Baglione procederono in silenzio. Giunti presso al palazzo, Malatesta facendosi più dappresso al Carduccio, gli favellò:
“Spero, magnifico messere, che vi darete ogni cura di porre al martore il ribaldo che in me per ben due volte oggi offendeva la maestà della Repubblica, e quindi, come conviene, gli mozzerete la testa”.
“Strenuissimo capitano, gli Otto e la Quarantia hanno potestà di far sangue, non io; provvedetevi davanti a cotesti magistrati… Ma tornerà poi in onor vostro, messere, contendere col pazzo? – Pensateci!…”
“Se lo tenete per matto, allora chiudetelo”.
“Prima dei pazzi vorrebbersi sostenere uomini bene altramenti pericolosi alla città, Malatesta…”
“E quali, messere?”
“I traditori”, – concluse il Carduccio.
Capitolo Decimoterzo
L’assalto notturno