Читаем Le sentinelle del cielo полностью

Raven sorrise e guardò nel periscopio retrovisore. Una fila di guardie armate era sparsa a ventaglio, a un paio di centinaia di metri dai propulsori. Appoggiò il dito indice su uno dei pulsanti e lo tenne schiacciato per una frazione di secondo. Lo scafo ebbe un leggero sobbalzo, e una bianca nube di vapori surriscaldati venne proiettata all’indietro. Le guardie fuggirono disordinatamente in tutte le direzioni.

L’addetto furente che si trovava nella torre di controllo cominciò a recitare una serie di pene e provvedimenti che stralciò dai paragrafi del regolamento. Era tanto preso dalla esposizione che non si accorse di quanto stava succedendo all’esterno.

Raven premette una seconda volta il pulsante, e una terrificante esplosione di fiamme bianco-arancione uscì dai reattori. Il rombo assordò tutti quelli che si trovavano nel raggio di un chilometro, ma all’interno dello scafo non parve che un lieve gemito.

La voce alla radio continuò a parlare con sadica soddisfazione.

— …ma quando il menzionato crimine associa anche infrazioni ai regolamenti di polizia e di dogana, la pena sarà quattro volte superiore a quella prevista dal comma D 7, senza pregiudizio per gli aumenti che…

Raven abbassò una leva e si mise in comunicazione radio con la torre.

— Senti, amico! Nessuno riuscirà mai a vivere tanto a lungo — disse, e interruppe il contatto radio.

Poi spinse una leva in avanti, e l’astronave si innalzò su una colonna di fuoco.


Dopo un milione di chilometri, Raven inserì il pilota automatico e scrutò lo schermo visivo posteriore per vedere se qualcuno lo stava inseguendo. Non c’era nessuno. La probabilità di essere inseguito da astronavi partite da Venere era minima, perché sarebbe stata una fatica inutile. Non esistevano scafi capaci di competere in velocità con quello che stava pilotando.

Era veramente possibile, ma non probabile, che a qualche astronave in volo nello spazio venisse dato ordine di intercettarlo. Ma la immensa distesa tra la Terra e Venere, in quella fase particolare dello sviluppo interplanetario, non era affollata di astronavi.

Lo schermo anteriore e i rilevatori non mostravano niente di interessante, tranne un piccolo punto di radiazioni infrarosse, troppo lontano per essere identificato. Forse era il Fantôme in rotta per la Terra. Avrebbe proprio dovuto trovarsi circa in quella zona.

Raven lasciò che il pilota automatico compisse il suo lavoro e si rilassò sulla poltroncina per osservare l’immensità del cosmo. Aveva l’aria di chi pur avendo contemplato lo spettacolo migliaia di volte spera di poterlo rivedere per altre decine di migliaia. Non si sarebbe mai stancato di quello splendore tremendo.

Tuttavia, smise la contemplazione. Si coricò in cuccetta, chiuse gli occhi, ma non per dormire. Li chiuse per meglio aprire la mente e ascoltare come non aveva mai fatto quando si era trattato di ascoltare i pensieri degli uomini normali. Le vibrazioni non lo distrassero, né lo disturbavano i rari sibili delle particelle di polvere cosmica che di tanto in tanto urtavano lo scafo. In quel momento, la sua facoltà uditiva aveva cessato di esistere, ma la mente aveva sviluppato la massima potenza di ascolto.

I suoni che stava cercando erano appena udibili. Erano voci mentali che vibravano nel buio dello spazio senza fine. Molti di questi impulsi mancavano di chiarezza ed erano attenuati dal viaggio attraverso distanze illimitate. Altri erano più chiari perché provenivano da zone relativamente vicine, ma sempre molto, molto lontane.

“Astronave nera diretta su Zaxsis. La lasciamo andare senza intralci.”

“Sono in partenza per Badur Nove, una nana rossa con quattro pianeti, tutti sterili. Difficilmente ritorneranno.”

“Hanno ignorato il pianeta e si sono impossessati del satellite più grande perché ricco di cristalli di ematite.”

“È scesa una squadra di quaranta astronavi e ha perlustrato il pianeta da un polo all’altro. Sembrava che avessero una gran fretta.”

“… nelle vicinanze di Hero, un gigante bianco-blu nel settore dodici di Andromeda. Centottanta astronavi nere, in tre formazioni di sessanta, sono transitate procedendo a tutta velocità. Una vera spedizione Deneb.”

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