— Una resa con riserve — commentò Charles. — Nell’attimo in cui usciva dalla porta non ha potuto fare a meno di porle.
— Sì, ho sentito.
— È un uomo tenace, se non altro. Per prima cosa si riserva il diritto di rimangiarsi la promessa il giorno in cui dovesse scoprire come diventare
— E non è tutto — aggiunse Raven. — Giudicando dal suo carattere, immagino che si metterà immediatamente in contatto con il Consiglio Mondiale, criticherà Wollencott, condannerà il movimento clandestino, deplorerà gli attentati, simpatizzerà con la Terra e offrirà di far cessare la guerra per delle considerazioni quanto mai nobili. Insomma, cercherà di negoziare la sua resa per ricavarne un buon profitto.
— Ne è capace, eccome!
— E noi lo lasceremo fare. Non sono cose che ci riguardano. Lo scopo della nostra missione è stato raggiunto, ed è ciò che conta. — Raven rimase un attimo soprappensiero. — Thorstern non vorrà certo sciogliere la sua organizzazione. Può fermarsi, ma non distruggere quello che ha costruito. Probabilmente cercherà di fondare un’organizzazione più potente. Un’organizzazione legale. L’unico mezzo a sua disposizione sarà quello di ottenere il benestare dei più influenti avversari di oggi… quello di Heraty e quello degli altri componenti del Consiglio Mondiale.
— A che scopo? Non sanno niente dei Deneb, quindi…
— Ho detto a Thorstern che l’umanità combatterà unita. Forse ricorderà queste parole. Può non sapere dei Deneb, come hai detto, ma può decidere… e può convincere gli altri che l’ora del cimento è vicina. Esseri normali contro i mutanti! Fatto com’è, Thorstern ritiene automaticamente che soltanto gli esseri normali sono quelli della sua razza. Per lui i mutanti sono esseri non-umani, o quasi-umani.
Charles socchiuse gli occhi. — Esiste già molta intolleranza. E non sarebbe difficile farla esplodere.
Raven si strinse nelle spalle. — Chi lo sa meglio di noi? Considera quale sarebbe il suo guadagno se riuscisse a convincere i tre pianeti a uno sterminio simultaneo dei paranormali. Riavrebbe il suo esercito privato, e per di più composto solo di esseri normali… questo gratificherebbe il suo Io, darebbe soddisfazione al suo odio verso i mutanti e gli fornirebbe la scusa per eliminare quelli che rappresentano il principale pericolo per la sua posizione. Ha cervello e coraggio per farlo, ed è cocciuto.
— Non sarà facile. I mutanti rappresentano una minoranza, ma sono sempre sufficientemente numerosi per rendere problematico il loro sterminio.
— La proporzione numerica non è il problema principale — disse Raven appoggiandosi al tavolo. — Io posso vedere altri due grossi ostacoli.
— E sarebbero?
— Primo, possono eliminare soltanto i paranormali
— Questo rende impossibile compiere un’opera completa. Forse Thorstern non vorrà neppure cominciarla, se riesce a comprenderlo.
— Forse — convenne Raven, in tono di dubbio. — Il secondo ostacolo proviene dalle conseguenze naturali di una civiltà coesistente su tre pianeti. Immagina che Thorstern cerchi di convincere i tre pianeti a un massacro simultaneo per liberare l’umanità di tutti quei ragazzi che si dimostrano “troppo intelligenti”. Ogni pianeta sospetterebbe immediatamente una trappola. Se sterminano i loro mutanti mentre gli altri non lo fanno…
— Sfiducia reciproca — disse Charles facendo un cenno affermativo. — Nessun pianeta vorrebbe correre un rischio che potrebbe metterlo in grande svantaggio rispetto agli altri. — Rifletté un attimo. — Potrebbe essere davvero un grosso rischio. Cosa potrebbe succedere se
— Tre pianeti con lo stesso sospetto. I Terrestri e i Marziani non sono più stupidi o meno stupidi degli abitanti di Venere. Qualunque sia la sua decisione, Thorstern non avrà vita facile. Comunque, sono convinto che sentiremo ancora parlare di lui.
— Anch’io. Poi, David, ricorda che siamo in cima alla sua lista delle persone da eliminare. — Charles scoppiò a ridere. —
— Io torno sulla Terra. Grazie dell’ospitalità. — Raven attraversò la stanza e sporse la testa in cucina. — Addio, bellezza — salutò Mavis.
— Lieta che te ne vada, seccatore!
Raven le fece una smorfia scherzosa, poi richiuse la porta e salutò Charles con un cenno della mano.
— Sei stato un ottimo compagno. Arrivederci all’obitorio.
— Certo — promise Charles. — Prima o poi…
Rimase a guardare l’amico che scompariva nella nebbia, poi richiuse la porta e andò a sedersi sulla sua poltrona.
Dalla cucina gli giunse la voce mentale di Mavis.