— E non sai che una parte delle cose. Vado a prendere la mia coperta. — Se ne andò e tornò dopo un paio di minuti. — Che altro ti serve?
— Niente cuscini. Sarà già un’impresa portare le coperte su per la scogliera. E gli indigeni non usano cuscini. Quanto a me, cercherò di decidere se voglio restare con Nia.
Gettò verso di me la coperta. Si spiegò a mezz’aria e cadde in un mucchio.
— Dannazione a te.
— Torno subito.
Raccolsi la coperta e la ripiegai. Derek tornò con un’altra coperta, che mise sul mucchio. — A Janos questa non servirà.
— Pensi di no?
— Fa perfino troppo caldo nella cupola. Ti accompagnerò fino ai margini del campo. Non mi sento del tutto a mio agio qui dentro.
Ricordai le storie che si raccontavano su Derék. Aveva una casa a Berkeley, piena di manufatti e di libri. Un sacco di libri. La maggior parte erano fatti di carta. Alcuni erano nuovi e venivano da speciali tipografie. Altri erano vecchi e fragili.
Lui lavorava in casa. Dentro ci stavano gli ospiti. Se una delle ospiti era una sua amante, restava all’interno con lei. Ma quando era solo, dormiva sotto una tettoia nel cortile. Il tetto era un pezzo di tela grossa disteso su due bambù vivi e il pavimento era costituito dall’erba. Non usava un sacco a pelo né alcun tipo di materasso. Quando faceva molto caldo, dormiva sull’erba. Con il tempo freddo, con la pioggia e la nebbia dell’inverno della California settentrionale, usava una coperta lacera.
Questa era la storia. Non sapevo se crederci oppure no.
Lasciammo la cupola e ci incamminammo nell’oscurità sotto la scogliera. Io portavo le coperte.
— Okay. — Derek si fermò. — Siamo abbastanza lontani. — Si voltò a guardare le luci del campo. — Hai consegnato il tuo registratore?
— Sì. Maledizione!
— Che cosa?
— Nia e l’oracolo stavano raccontando delle storie questa sera. Ho dimenticato che non avevo addosso un registratore.
— Non dovrebbe essere un problema per te. Conosco la tua reputazione. Se qualcosa ti interessa, te ne ricorderai.
— Uh! — dissi. — Preferisco sempre avere un sostegno.
— Anche questo fa parte della tua reputazione. — Mi toccò il braccio. — Ho qualcosa da dirti.
— Che cosa?
— Ho avuto un colloquio con Eddie questa sera. E arrivato dopo che te ne sei andata via con l’oracolo.
— Sì?
— Vuole che risaliamo il fiume con lui e la Ivanova. Vuole che traduciamo per loro.
— Andrà Eddie? Un uomo?
— Questo faceva parte del compromesso. Si è stabilito di mandare rappresentanti di ciascuna delle tre fazioni. A favore dell’intervento. Contro l’intervento. E la posizione di compromesso.
— Perché?
— Per spiegare il nostro problema ai nativi. Sottoporre ai nativi il nostro problema e chiedere a loro la soluzione. Visto che si tratta del loro pianeta. — Mi sembrò di avvertire del sarcasmo nella voce di Derek.
— La cosa potrebbe sembrare logica, anche se non dico che sia così. Ma perché mandare un uomo?
— Eddie è il principale sostenitore del non intervento. E si ritiene che dovremmo essere onesti con i nativi. Dobbiamo spiegare loro… mostrare loro… come siamo.
— È una follia.
— Uuh. E non è questa la cosa di cui voglio parlarti. — Derek fece una pausa. — Eddie vuole che noi mentiamo.
— Che cosa?
— Vuole che cambiamo quello che dice la Ivanova quando parla con i nativi. Vuole che ci assicuriamo che i nativi non gradiscano le sue argomentazioni.
— No! Ci scoprirebbero certamente. L’incontro sarà registrato e qualcuno controllerà la nostra traduzione. Forse non subito, ma presto.
— Gliel’ho detto. Ma lui sostiene che potremmo farlo in modo non evidente. Potremmo travisare le parole. Deformarle un po’. Cambiare l’intonazione.
— Non posso credere questo di Eddie. Lavoro con lui da anni.
— Credi che io ti stia mentendo?
Lo guardai, ma non vidi quasi niente. — No — risposi alla fine. — Che cosa gli hai detto?
— Ho detto che il rischio era troppo grande e tutto quello che ci avremmo guadagnato sarebbe stato solo un po’ di tempo. La Ivanova e i suoi non hanno alcuna intenzione di fare i bagagli e tornarsene a casa. Vogliono restare su questo pianeta. Proseguiranno fino al villaggio successivo e chiederanno il permesso di sbarcare. Dovremo mentire di nuovo.
"E che cosa conta di fare, gli ho chiesto, quando verrà giù il resto del team sociologico? Chiedere a tutti quanti di mentire? Quanto tempo passerà prima che qualcuno dica di no e si rivolga al consiglio dell’intera nave?"
— Per te questa non è una questione etica — dissi.