Dopo aver riappeso, Kayder si appoggiò allo schienale della poltrona e guardò Santil. — Ha perso il coraggio. Balle! Da quello che ho visto, Raven non ne ha mai avuto di coraggio da perdere. È una faccenda diversa.
— Chi ha mai detto una cosa simile? — chiese Santil.
— Tieni la bocca chiusa e lasciami pensare.
Il ragno uscì dalla tasca e si guardò attorno. Kayder mise l’insetto sul ripiano della scrivania e lo lasciò giocare con la punta del suo dito.
— Raven ha verso la morte un atteggiamento non umano — rifletté a voce alta. — Ha indovinato che Haller sarebbe morto, dieci minuti prima che questo avvenisse… perché un simile sa riconoscere il suo simile.
— Forse avete ragione.
— C’è da pensare che lo scampato pericolo gli abbia lasciato qualcosa di storto nella testa. Guarda la morte come qualcosa da disprezzare anziché temere. Perché l’ha sfidata una volta e immagina di poterlo fare ancora. — Spostò lo sguardo dal ragno a Santil. — Il suo rientro dall’oltretomba è veramente insolito, e lui deve aver tratto conclusioni pazzesche. Capisci cosa significa?
— Cosa? — chiese Santil a disagio.
— Illimitata temerarietà e coraggio pazzesco. È un telepate superiore a quelli normali, e ha la disposizione mentale del fanatico religioso. Aver conosciuto la morte ha ucciso tutta la paura che poteva averne. È probabile che faccia qualsiasi cosa che gli salti in mente, e in qualsiasi momento. Questo lo rende totalmente imprevedibile. Forse Carson conta proprio su questi fattori. In lui ha trovato un agente dai poteri eccezionali che non teme di correre nei luoghi che intimoriscono anche gli angeli… come ha fatto poco fa.
— Immaginavo che fosse qualcosa di più — disse Santil.
— Anch’io. Dimostra che più la voce si spande, più diventa esagerata. Ora ho l’esatta misura di lui. Dagli una corda lunga abbastanza, e lui ci si impiccherà da solo.
— Cosa volete dire?
— Che sono sempre gli animali che caricano a testa bassa a cadere nella rete. — Kayder solleticò il ragno sul ventre rugoso. — È il tipo che esce da una trappola per lanciarsi subito in un’altra. Non dobbiamo fare altro che aspettare il momento opportuno e si eliminerà da solo. — Qualcosa ticchettò sotto il pavimento. Kayder aprì un cassetto e sollevò un piccolo telefono. — Kayder.
— Qui Ardern. Irruzione in corso.
— Come procede?
— Vi mettereste a ridere. Gli ipno stavano pesando e imballando alberi di mandorlo; i microtecnici montano orologi da donna; i telecinetici stampano le ultime notizie giunte da Venere, e tutti si comportano come scolari disciplinati. Il posto è sereno, tranquillo, insospettabile.
— Avete fatto in tempo a trattare tutti?
— La maggior parte. Quando il controspionaggio ha fatto l’irruzione ne mancavano sei. Li abbiamo fatti uscire dal condotto. Si sono allontanati senza incidenti.
— Bene — fece Kayder soddisfatto.
— Non è tutto. Voi avete diramato certi ordini riguardo un tale che si chiama David Raven. Bene, l’abbiamo preso.
— Come avete fatto? — sussultò Kayder.
— Non è stato difficile. Metaforicamente parlando, si è cacciato nella gabbia, si è chiuso la porta alle spalle, ha incollato il suo biglietto da visita alle sbarre, e ci ha gridato di andarlo a vedere. — Attraverso il microfono giunse una risata soddisfatta. — Si è cacciato in un sacco e si è consegnato a noi.
— Sono troppo diffidente per poterla pensare alla stessa maniera. Dev’esserci sotto qualcosa. Verrò a controllare di persona. Sarò lì fra una decina di minuti. — Kayder tornò a nascondere il telefono nel cassetto e rimase con gli occhi fissi sul ripiano della scrivania, senza più occuparsi né di Santil né del ragno. Per qualche ragione che non poteva comprendere, si sentiva preoccupato. E per gualche altra ragione ugualmente oscura ricordò le falene dagli occhi lucenti che volavano nell’oscurità.
Brillanti, abbaglianti, si libravano in un buio senza fine.
6
Kayder fece la strada in sette minuti. La modesta casa in cui entrò era lo sbocco del passaggio segreto che partiva dalla base sotterranea: di lì erano usciti i sei uomini che non erano stati condizionati prima dell’incursione e di lì avevano preso strade diverse e si erano allontanati con la più grande naturalezza.
L’uomo che lo stava aspettando era piccolo e magro, e aveva la pelle permanentemente ingiallita da una vecchia febbre contratta nelle valli di Venere. Era un mutante di Tipo Due, un levitante che zoppicava fortemente da quando, in gioventù, si era sollevato troppo in alto e aveva esaurito la forza mentale al momento della discesa.
— Allora? — chiese Kayder, guardandosi attorno.
— Raven è a bordo del
L’ira di Kayder esplose di scatto.
— Perché mi avete raccontato la panzana di averlo chiuso in una gabbia con il cartellino sulle sbarre?
— Infatti, lo è — insistette Ardern senza scomporsi. — Come sapete, il
— Con equipaggio terrestre. Tutti gli equipaggi delle astronavi sono composti di Terrestri.