Читаем Le sentinelle del cielo полностью

— Mmm! — fece Charles grattandosi il doppio mento. — Sappiamo che su questo pianeta esiste un forte movimento nazionalista, ma l’abbiamo ignorato, perché non riveste nessun interesse particolare dal nostro punto di vista. Anche se arrivano a lanciarsi bombe e a distruggersi l’un l’altro, che importanza ha? Per noi è una fortuna, non ti pare? Loro perdono, e noi ci guadagniamo.

— In un senso, ma non nell’altro.

— Perché?

— I Terrestri hanno assolutamente bisogno di unità perché stanno puntando verso i Deneb.

— Stanno puntando… — La voce di Charles si spense nella gola. Per un attimo gli occhi privi di espressione brillarono di una luce intensa. — Stai dicendo che le autorità terrestri sono veramente a conoscenza dei Deneb? Come diavolo fanno a saperlo?

— Perché si trovano allo stadio di sviluppo numero quattro — spiegò Raven. — Sono accadute cose che il grosso pubblico ancora non conosce, e che sono ancora meno conosciute qui e su Marte. I Terrestri hanno prodotto e sperimentato un reattore potentissimo. Ora lo vogliono provare su una distanza maggiore e non sono in grado di stabilire quali siano i suoi limiti. Per esseri materiali come loro, si comportano abbastanza bene.

— È evidente — disse Charles.

— Non sono stato in grado di scoprire con esattezza fin dove sono arrivati, né ho saputo i dati che gli astronauti hanno riferito, ma sono sicuro che hanno in mano elementi che hanno fatto nascere in loro il sospetto che prima o poi verranno a trovarsi in contatto con qualche forma di vita sconosciuta. Voi e io sappiamo che può trattarsi soltanto dei Deneb — Raven agitò un dito nell’aria. — Noi sappiamo anche che i Deneb stanno scorrazzando da lungo tempo come un branco di cani con cinquecento piste da seguire. Non sanno esattamente quale strada prendere, ma il loro spostamento generale si verifica in questa direzione.

— È vero — disse Mavis — ma le ultime previsioni stabilivano un minimo di duecento anni prima che potessero scoprire questo sistema solare.

— Una conclusione ragionevole, basata sui dati che avevamo in precedenza — rispose Raven. — Ora abbiamo dati nuovi e importanti da aggiungere al calcolo. Per la precisione, l’Homo sapiens è pronto a partire per andare loro incontro. Hanno innalzato la bandiera, hanno acceso i falò e hanno fatto il possibile per attirare l’attenzione verso questa parte del cosmo. Questo genere di scherzo è in grado di ridurre il tempo previsto dello spostamento dei Deneb in questa direzione.

— Hai riferito tutto questo? — chiese Charles.

— Certamente.

— E qual è stata la risposta?

— Grazie per l’informazione.

— Niente altro? — Charles inarcò le sopracciglia.

— Niente — assicurò Raven. — Cosa ti aspettavi?

— Qualcosa di più sentito e di meno freddo — disse Mavis. — Voi uomini siete tutti uguali. Siete tanti Buddha di bronzo. Perché non siete capaci di saltare su un tavolo e non vi mettete a gridare?

— Servirebbe a qualcosa? — chiese Charles.

— Non cercare di fare il superlogico con me — disse la ragazza. — Servirebbe a togliere un po’ di pressione dalle ghiandole. Io ne ho qualcuna, nel caso non lo sapessi.

— È un argomento che conosco abbastanza bene — rispose Charles, asciutto. — Inoltre, ho qualche ghiandola anch’io. Una di queste mi ha fatto diventare grasso e incline alla pigrizia. Con tutta probabilità, mi manca quella che ti tormenta in questo momento — sollevò un dito. — Ecco un tavolo. Saltaci sopra e lancia qualche strillo. Non ci faremo caso.

— Gridare non è mia abitudine — disse Mavis.

— Ecco! — Charles girò lo sguardo verso Raven e scosse la testa.

— Ti lascio tutte le donne. Sono fredde e calcolatrici. Non sanno far uscire il vapore dalla valvola di sicurezza.

— Un giorno ti taglierò le ali, Grassone! — promise Mavis.

— Dovrei essere carino, con le ali! — Charles scoppiò in una risata che gli fece ballonzolare la pancia. — Io, con la mia mole, che volteggio nell’aria come un angelo. O che svolazzo come una falena obesa — si asciugò gli occhi e riprese a ridere. — Che bello spettacolo!

Mavis prese un piccolo fazzoletto dall’orlo di pizzo e cominciò a singhiozzare in silenzio.

Charles la guardò, stupito. — Be’, cos’ho detto, adesso, che non va?

— Deve esser stato il tuo tono a stimolare questa reazione — disse Raven, e avvicinatosi a Mavis le batté una mano sulla spalla. — Via! Non devi restare qui se i ricordi si sono fatti troppo oppressivi. Puoi andartene, se vuoi. Possiamo trovare altri due che…

Lei allontanò il fazzoletto dagli occhi e parlò con rabbia. — Io rimango. Me ne andrò quando sarà il momento, e non prima. Che tipo credi che sia? Una ragazza non può piangere quando ne ha voglia?

— Certo che può, ma…

— Non farci caso. — Mavis mise il fazzoletto in tasca e chiuse un attimo gli occhi. Poi gli sorrise. — Ora sto bene.

— Anche Leina si comporta in questo modo? — chiese Charles a Raven.

— Non quando le sono vicino.

— Leina era più vecchia quando… quando… — disse Mavis, ma non concluse la frase.

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