— Fratello Carson pensa la stessa cosa — disse Raven. — Mi ha mostrato una lista dei tipi di mutanti conosciuti, poi mi ha detto che poteva non essere completa… Possono esistere dei tipi che non hanno ancora scoperto le qualità che possiedono, e che non sono mai stati scoperti da altri. È difficile identificarsi come stranezza, a meno che la stranezza non si manifesti in modo evidente.
Charles fece un cenno affermativo. — Questa settimana si è sparsa la voce della scoperta accidentale di un tipo completamente diverso. Un giovane operaio ha perso la mano mentre lavorava con una sega circolare e ora pare che gli stia crescendo una nuova mano.
— Un biomeccanico — lo definì Raven. — Può procurarsi nuove parti del corpo. Be’, si tratta di una facoltà innocua, cosa che non possiamo dire di certe altre.
— Sì, certo. Il fatto è che fino a oggi non sapeva di possedere questa dote perché non gli era mai capitato di perdere parti del corpo. Senza l’incidente occorsogli, sarebbe magari giunto fino al giorno della morte senza sospettare di avere poteri paranormali. Spesso mi domando quante altre persone mancano di una adeguata conoscenza di se stesse.
— Moltissime. Considera quello che sappiamo
— Certo — rispose Charles con calma. — Sarebbe sufficiente a scuotere un migliaio di mondi. — Afferrò il braccio dell’amico e strinse le dita con forza. — Infatti, ne sappiamo tanto da essere convinti che sia tutto. David, pensi che… che…?
Raven si fermò di scatto. Gli occhi punteggiati d’argento si erano accesi, esattamente come quelli dell’altro. — Continua, Charles. Fini sci quello che stavi dicendo.
— Pensi forse che noi sappiamo soltanto la metà di quanto c’è da sapere? Che quanto sappiamo è ben lungi dall’essere l’intera storia? Che ci sono altri più informati di noi, che ci osservano attentamente come noi osserviamo questi altri? Per deriderci, talvolta, e per compiangerci?
— Non posso saperlo — disse Raven, piegando le labbra con amarezza. — Ma se esistono, noi sappiamo una cosa: e cioè che non interferiscono nelle nostre faccende.
— No? Come possiamo esserne certi?
— Non lo fanno in modo che possa risultarci evidente, almeno.
— Abbiamo scoperto la tattica dei Deneb — osservò Charles. — Si sono dati da fare parecchio, ma non ci hanno mai toccato. Viceversa potrebbero esserci altri che ci spingono senza sapere chi stanno spingendo, né noi sapere chi ci sta spingendo.
— Meglio ancora, potrebbero usare i nostri stessi metodi per metterci in confusione — disse Raven, scettico, ma con l’intenzione di continuare il discorso. — Potrebbero apparire a te e a me come noi appariamo a questi altri: perfettamente comuni. — Fece un gesto della mano per indicare la città. — Come uno qualsiasi di questi abitanti. Supponi che io di tica di essere un Deneb travestito di carne… Avresti il coraggio di dirmi che sono un bugiardo?
— Certo — disse Charles senza esitazione. — Sei uno sporco bugiardo.
— Mi spiace di doverlo ammettere. — Diede una manata amichevole sulle spalle di Charles. — Vedi, tu
— Come? — Charles abbassò gli occhi e si guardò il grosso ventre. Sporgeva come un pacco-dono natalizio, nascosto sotto il vestito. — Questo è prendermi in giro.
Tacque nell’attimo in cui tre uomini in uniforme girarono l’angolo della casa e si fermarono sul loro cammino.
Indossavano l’uniforme delle guardie forestali, l’unico corpo organizzato, a parte le speciali squadre di polizia, ufficialmente autorizzato a girare con le armi. Rimasero uno vicino all’altro, come tre amici che terminano le loro chiacchiere prima di tornare a casa. Ma la loro attenzione era rivolta verso le due persone che stavano andando verso di loro. Le loro menti dicevano che si trattava di pirotici a caccia di un certo Raven.
Il capo della piccola squadra tenne d’occhio i due che stavano avanzando e aspettò che fossero giunti alla loro altezza. Poi si spostò di scatto per sbarrare la strada.
— Vi chiamate David Raven? — chiese in tono autoritario.
Raven si fermò, spalancando gli occhi con espressione sorpresa.
— Come avete fatto a indovinarlo?
— Non fate lo stupido — ammonì la guardia fissandolo con rabbia.
Raven si girò verso Charles: la sua espressione si era fatta triste.
— Mi ha detto di non fare lo stupido. Pensi che io lo sia?
— Sì — rispose Charles con prontezza. — Lo sei da quando hai battuto la testa da bambino. — Poi girò interrogativamente gli occhi verso la guardia. — Perché cercate questa persona di nome… di nome…
— Raven — suggerì Raven, per essergli di aiuto.
— Oh, sì, Raven. Perché lo cercate?
— Ha una taglia sulla testa. Non guardate mai lo spettroschermo?
— Di tanto in tanto — rispose Charles. — Il più delle volte trasmettono programmi che mi annoiano a morte, e così non lo accendo.