Il momentaneo sollievo di Rachel cedette davanti a una nuova perplessità. «Non governativi, signore? Intende dire che si è affidato al settore privato? Per dati così riservati?»
Il presidente annuì con convinzione. «Ho costituito una squadra esterna di quattro scienziati civili di grande fama, estranei alla NASA, con una reputazione da difendere. Hanno usato i loro strumenti per le rilevazioni e sono arrivati autonomamente alle loro conclusioni. Nelle ultime quarantotto ore, essi hanno confermato senza ombra di dubbio la scoperta della NASA.»
Rachel ne fu molto colpita. Il presidente si era tutelato con il tipico aplomb alla Herney. Ingaggiando un gruppo dei più accaniti scettici — scienziati esterni che non avevano nulla da guadagnare confermando le tesi della NASA -, si era immunizzato dai sospetti che quello potesse essere l'estremo tentativo dell'agenzia spaziale per difendere il suo budget, far rieleggere un presidente amico e parare gli attacchi del senatore Sexton.
«Stasera alle venti» disse Herney «convocherò una conferenza stampa alla Casa Bianca per annunciare al mondo questa scoperta.»
Rachel si sentì frustrata. Herney, in fin dei conti, non le aveva rivelato nulla. «Di cosa si tratta, esattamente?»
Il presidente sorrise. «Oggi constaterà che la pazienza è una virtù. Lei deve vedere con i suoi occhi, capire bene la situazione prima di procedere. Il direttore della NASA la sta aspettando per darle tutte le informazioni del caso. Le dirà tutto ciò che le serve sapere. Dopodiché io e lei riparleremo del suo ruolo.»
Rachel lesse una tensione latente negli occhi del presidente e ricordò il sospetto di Pickering che la Casa Bianca avesse un asso nella manica. A quanto pareva aveva visto giusto, come al solito.
Herney indicò il vicino hangar. «Mi segua» la esortò, incamminandosi.
Rachel si accodò a lui, confusa. La costruzione davanti a loro era priva di finestre e le enormi porte erano sigillate. L'unico accesso si apriva su un lato. Il presidente guidò Rachel e si fermò a pochi metri da una porta socchiusa.
«Io mi fermo qui. Lei proceda» le disse, indicandole l'ingresso.
Rachel esitava. «Non viene con me?»
«Devo tornare alla Casa Bianca, ma la contatterò presto. Ha un cellulare?»
«Certo, signore.»
«Me lo dia.»
Rachel tirò fuori il telefonino e glielo porse, convinta che lui intendesse programmarvi un numero riservato. Invece, se lo infilò in tasca.
«Ora lei è tagliata fuori da ogni contatto» disse il presidente. «Il suo posto di lavoro è stato coperto da altri. D'ora in poi, non parli con nessuno senza chiedere prima il permesso a me o al direttore della NASA.»
Rachel rimase a bocca aperta. "Il presidente mi ha sequestrato il cellulare?"
«Dopo che le avrà dato tutte le informazioni, il direttore la metterà in comunicazione con me attraverso canali sicuri. Ci sentiamo presto. Buona fortuna.»
Rachel osservò la porta dell'hangar con crescente disagio.
Il presidente Herney le appoggiò una mano rassicurante sulla spalla e accennò con il capo verso la soglia. «Le prometto, Rachel, che non rimpiangerà di avermi assistito in questa faccenda.»
Non aggiunse altro e si avviò di buon passo verso il Pave Hawk che aveva condotto Rachel lì. Senza mai voltarsi indietro, salì a bordo.
12
Rachel Sexton, sola di fronte alla porta dell'hangar di Wallops, scrutava nel buio davanti a sé. Aveva l'impressione di trovarsi in un altro mondo. Una brezza fredda e umida proveniva dal cavernoso interno, come se l'edificio respirasse. «C'è qualcuno?» chiese con voce titubante.
Silenzio.
Con crescente trepidazione, mosse un passo verso l'interno. La vista le si offuscò per un istante mentre gli occhi cercavano di adattarsi all'oscurità.
«La signora Sexton, immagino» disse una voce maschile, a pochi metri da lei.
Rachel sobbalzò prima di voltarsi verso quel suono. «Sì, signore.»
La forma indistinta di un uomo si avvicinò.
Quando la vista le si schiarì, si trovò a faccia a faccia con un giovane aitante dalla mascella quadrata con la divisa della NASA, muscoloso e atletico, il petto coperto di mostrine.
«Capitano di fregata Wayne Loosigian» si presentò. «Scusi se l'ho spaventata, signora. È molto buio, qui dentro, perché non ho ancora avuto modo di aprire le porte.» Prima che Rachel potesse replicare, aggiunse: «Avrò l'onore di essere il suo pilota, stamattina».
«Pilota?» Rachel lo fissò stupita. "Ho già avuto un pilota." «Ma io sono qui per incontrare il direttore.»
«Infatti, ho l'ordine di portarla immediatamente da lui.»
Quando si rese conto del significato di quelle parole, Rachel ebbe la sensazione di essere stata raggirata. Dunque i suoi viaggi non erano ancora finiti. «Dove si trova il direttore?» chiese diffidente.
«Non sono in possesso di questa informazione» rispose il pilota. «Riceverò le coordinate non appena ci leveremo in volo.»