— Proprio così, Charles. Non sarà facile inculcare un po’ di buonsenso in un individuo potente dominato dalla paura. Il fatto poi di non potergli dimostrare che le sue supposizioni sono errate e che le sue paure sono del tutto infondate renderà il compito ancora più arduo.
— Hai mai immaginato quali potrebbero essere, fra mille, le possibili reazioni di questo mondo se noi fossimo liberi di raccontare alcune verità persuasive? — chiese Charles.
— Sì, molte volte. Ma a che scopo pensarci? Un giorno i Deneb finiranno con l’arrivare. Meno sanno, meglio è.
— Le probabilità sono di almeno un milione contro una che trovino qualcosa degno di essere scoperto — disse Charles, ed era molto sicuro su questo punto. — Guarda Tashgar, Lumina e il gruppo Bootes i Deneb hanno esplorato, hanno trattato con disprezzo le forme di vita trovate, e sono ripartiti nella loro ricerca senza mai trovare il luogo adatto. Diventerebbero pazzi se venissero a sapere che per centinaia di volte hanno stretto in mano quello che cercavano ma che non hanno mai saputo riconoscerlo. — Si permise un leggero sogghigno. — I Deneb sono geni che mancano della capacità elementare di sommare due più due.
— In alcune circostanze, sommare due più due può anche creare grossi problemi matematici — osservò Raven. — A volte i Deneb mi fanno compassione. Se io fossi uno di loro, sarei già matto furioso e… — Nel girare a destra nel corridoio più piccolo, Raven si interruppe di colpo. Diversi uomini stavano venendo verso di loro.
Prima che in uno di questi potesse nascere qualche sospetto, Raven, con sicurezza disarmante, rivolse loro la parola. — Scusate, potreste dirmi da che parte si trova l’ufficio del signor Thorstern?
Rispose l’uomo che camminava al centro e che si dava un leggero tono di autorità sugli altri.
— Primo corridoio a sinistra, seconda porta a sinistra.
— Grazie.
Si spostarono per cedere il passo ai due visitatori e li osservarono in silenzio. Tutte le facce rimasero impassibili, ma le loro menti gridavano anche il minimo pensiero.
Quello di loro che aveva dato l’indicazione, Gargan, concluse il suo pensiero. “
Non appena si trovarono nell’altro corridoio, Raven fece un cenno d’intesa a Charles, e insieme raggiunsero la seconda porta che si apriva sulla loro sinistra. — Posso raccogliere un’infinità di onde pensiero, ma nessuna viene da Thorstern — disse Raven, indicando la porta. — E qui dietro non ci sono menti pensanti. La sala è vuota. Non c’è anima viva. — Rimase per qualche istante con gli occhi fissi al battente. — Ci sono una mezza dozzina di sedie, un tavolo e uno schermo per le comunicazioni interne. Le pareti sono di pietra. La porta può essere chiusa, con un comando a distanza e aperta soltanto a distanza. Hmm!
— Una trappola per topi, migliorata — disse Charles, e sulla sua faccia grassoccia, attorno alla bocca, si disegnarono alcune rughe. Aveva assunto l’espressione di un ragazzo che si accinge a rompere la finestra di un vicino. — Proprio il posto in cui sono tentato di entrare per far vedere quanto poco io consideri certe cose.
— Anch’io — disse Raven, e spinse la porta, il cui battente girò sui cardini senza rumore. Poi si andò a sedere su una sedia al centro della stanza e fissò lo schermo spento.