Evidentemente, i progettisti del Boeing avevano arredato la cabina di prua in modo da dare ai passeggeri "un senso di ordine e di tranquillità". La tranquillità, peraltro, era l'ultimo dei sentimenti di Rachel, al momento. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che il numero uno dei leader mondiali proprio in quella sala prendeva decisioni che cambiavano la storia.
Tutto in quella stanza parlava di potere, dal tenue aroma di buon tabacco da pipa all'onnipresente sigillo presidenziale. L'aquila che stringe tra gli artigli frecce e rami d'ulivo era ricamata sui cuscini, incisa sul secchiello del ghiaccio e perfino stampata sui sottobicchieri di sughero del bar. Rachel ne prese uno per esaminarlo.
«Già pronta a rubare un souvenir?» chiese una voce profonda alle sue spalle.
Colta di sorpresa, Rachel si lasciò sfuggire di mano il sottobicchiere. Mentre si abbassava imbarazzata per raccoglierlo, si voltò e vide il presidente degli Stati Uniti che la osservava con un sorriso divertito.
«Non sono un re, signora Sexton. Non è il caso che si inginocchi.»
7
Il senatore Sedgewick Sexton assaporava la privacy della lunga limousine Lincoln che avanzava nel traffico mattutino verso il suo ufficio di Washington. Davanti a lui, Gabrielle Ashe, l'assistente personale di ventiquattro anni, gli leggeva gli impegni della giornata. Ma Sexton era distratto.
"Adoro questa città" pensava, ammirando le forme perfette della giovane sotto la maglia di cachemire. "Il potere è il più grande afrodisiaco del mondo… e richiama a Washington torme di donne come questa."
Gabrielle era di New York. Laureatasi in una delle migliori università, sognava di diventare lei stessa senatrice, un giorno. "E probabilmente ce la farà" rifletté Sexton. Era bellissima, con un gran cervello e, soprattutto, esperta delle regole del gioco.
Gabrielle Ashe era una donna di colore, ma la sua carnagione scura richiamava piuttosto la cannella o il mogano, una rassicurante via di mezzo che i sensibili cuori "bianchi" potevano accettare senza avere la sensazione di tradire i loro simili. Sexton la descriveva agli amici come una donna dall'aspetto di Halle Berry con il cervello e l'ambizione di Hillary Clinton, e a volte gli pareva quasi di minimizzare.
Da quando era stata promossa sua assistente personale, tre mesi prima, Gabrielle si era rivelata una risorsa fantastica per la sua campagna elettorale. E, soprattutto, lavorava gratis. Il suo compenso per una giornata di sedici ore piene era imparare i segreti del mestiere al fianco di un politico navigato.
"Ovviamente" gongolò Sexton "l'ho persuasa a fare qualcos'altro, oltre a lavorare." Dopo averla promossa, l'aveva invitata a un "incontro preliminare" a tarda sera nel suo ufficio privato. Come previsto, la giovane assistente era arrivata carica di buone intenzioni e ansiosa di fare colpo. Con una manovra abile e lenta, frutto di un'esperienza acquisita nel tempo, esibendo un magnetico controllo della situazione, Sexton aveva operato la magia… L'aveva dapprima rassicurata, spogliata gradualmente delle sue inibizioni, per poi sedurla proprio lì, nel suo ufficio.
Sexton non dubitava che quell'incontro fosse stato una delle esperienze sessualmente più gratificanti nella vita della giovane, eppure, alla luce del giorno, Gabrielle si era amaramente pentita di quella caduta di stile. Imbarazzata, aveva presentato le dimissioni, prontamente respinte da Sexton. Lei era rimasta, ma aveva espresso con fermezza le sue intenzioni. Da allora, i loro rapporti erano stati rigidamente limitati al lavoro.
Le labbra carnose di Gabrielle continuavano a muoversi. «… non voglio che lei appaia fiacco nel dibattito di questo pomeriggio alla CNN. Ancora non sappiamo chi le opporrà la Casa Bianca. Potrebbe dare un'occhiata a questi appunti.» Gli porse una cartellina.
Sexton la prese, mentre annusava il suo piacevole profumo che si mescolava a quello del cuoio dei sedili.
«Non mi sta ascoltando» osservò Gabrielle.
«Certo che ti ascolto.» Sorrise. «Lascia perdere il dibattito. Nella peggiore delle ipotesi, la Casa Bianca mi snobberà mandandomi un esponente di secondo piano della campagna elettorale; nella migliore, mi metteranno di fronte un pezzo grosso, che io mi mangerò in un boccone.»
Gabrielle aggrottò la fronte. «Bene. Le ho scritto gli argomenti più probabili e spinosi.»
«I soliti sospetti, immagino.»
«Con un debutto. Credo che dovrà affrontare qualche battuta ostile per i suoi commenti sui gay al
Sexton si strinse nelle spalle distrattamente. «Giusto. La storia del matrimonio tra omosessuali.»
Gabrielle gli lanciò un'occhiata di disapprovazione. «Si è schierato apertamente contro.»
''Matrimonio tra gay" pensò Sexton con disgusto. Fosse per me, i finocchi non avrebbero neppure diritto al voto." «D'accordo, cercherò di smorzare i toni.»