Читаем La verità del ghiaccio полностью

«Ottimo. Di recente, si è esposto in modo eccessivo su questi argomenti caldi. Eviti gli atteggiamenti arroganti. Il pubblico cambia idea in un attimo. In questo momento lei è in vantaggio. Cavalchi l'onda. Non c'è bisogno di lanciare la palla fuori campo. La tenga in gioco.»

«Qualche notizia dalla Casa Bianca?»

Gabrielle parve divertita. «Silenzio totale. È ufficiale, il suo avversario è diventato "l'Uomo invisibile".»

Sexton stentava a credere alla propria fortuna. Per mesi, il presidente si era impegnato a fondo nella campagna, poi, all'improvviso, la settimana precedente si era chiuso nello Studio Ovale e da allora nessuno l'aveva più visto o sentito. Quasi fosse incapace di affrontare i crescenti successi di Sexton.

Gabrielle si passò la mano tra i capelli neri stirati. «Ho saputo che lo staff della Casa Bianca è perplesso quanto noi. Il presidente non dà spiegazioni per questa sua sparizione, e tutti sono furibondi.»

«Qualche teoria?»

Gabrielle guardò fuori, al di sopra degli occhialini da intellettuale. «Per la verità, stamattina ho ricevuto un'informazione interessante da un mio contatto alla Casa Bianca.»

Sexton conosceva quell'espressione dei suoi occhi. Evidentemente Gabrielle aveva messo a segno un altro colpo grazie a un informatore nel campo avversario. Si chiese se, in cambio dei segreti elettorali, non facesse qualche servizietto sul sedile posteriore a un assistente del presidente. Non gli importava… fintanto che continuavano a filtrare notizie.

«Corre voce che lo strano comportamento del presidente abbia avuto inizio la scorsa settimana dopo un incontro urgente ed estremamente riservato con il direttore della NASA. A quanto pare, il presidente è uscito dalla riunione con l'aria frastornata. Immediatamente ha cancellato tutti gli appuntamenti e da quel momento è rimasto in stretto contatto con la NASA.»

Sexton accolse l'informazione con grande compiacimento. «Credi che la NASA gli abbia dato altre cattive notizie?»

«Sembrerebbe una spiegazione logica» rispose lei, speranzosa. «Ma deve trattarsi di qualcosa di veramente grave per indurlo a mollare tutto.»

Sexton rifletté un momento. Era evidente che la NASA doveva avergli dato brutte notizie. "Altrimenti il presidente si sarebbe precipitato da me a cantar vittoria." Negli ultimi tempi, Sexton aveva sferrato duri attacchi alla Casa Bianca per i finanziamenti alla NASA. La recente serie di missioni fallite e i giganteschi sforamenti del budget avevano valso all'agenzia spaziale il dubbio onore di diventare il cavallo di battaglia di Sexton per stigmatizzare la spesa eccessiva e l'inefficienza del governo. Era vero che attaccare la NASA — uno dei più eminenti simboli dell'orgoglio americano — era una tattica che ben pochi politici avrebbero scelto per conquistare voti, ma Sexton aveva un'arma di cui pochi disponevano, e cioè Gabrielle Ashe, con il suo straordinario fiuto.

La giovane aveva attirato l'attenzione di Sexton alcuni mesi prima, quando lavorava come coordinatrice della sua campagna elettorale a Washington. Nei sondaggi per le primarie, il senatore arrancava faticosamente, e il suo messaggio sulla spesa eccessiva del governo non veniva raccolto. A quel punto, Gabrielle Ashe gli aveva mandato un appunto in cui suggeriva un drastico cambiamento di linea. Sosteneva che lui avrebbe dovuto attaccare gli enormi sforamenti del budget da parte della NASA e i continui aiuti della Casa Bianca come l'esempio più evidente della disattenzione del presidente Herney nei confronti della spesa pubblica.

"La NASA costa una fortuna agli americani" aveva scritto Gabrielle, elencando cifre, missioni fallite e finanziamenti straordinari. "Gli elettori ne sarebbero scandalizzati, se sapessero. Credo che dovremmo fare della NASA un caso politico."

Sexton aveva sorriso davanti a tanta ingenuità. "Sì, e già che ci siamo mi dichiaro anche contrario a cantare l'inno nazionale alle partite di baseball."

Nelle settimane successive, Gabrielle aveva continuato a far pervenire sulla sua scrivania informazioni sulla NASA. Più leggeva, più Sexton si convinceva che la giovane Gabrielle Ashe aveva trovato un argomento inoppugnabile. Anche per gli standard delle agenzie governative, la NASA era una stupefacente macchina mangiasoldi: costosa, inefficiente e, negli ultimi anni, decisamente incompetente.

Un pomeriggio, Sexton era stato intervistato alla radio sul tema dell'istruzione. Il conduttore lo incalzava per sapere dove avrebbe trovato le risorse per migliorare la scuola pubblica, come lui si proponeva. Sexton aveva deciso di mettere alla prova la teoria di Gabrielle sulla NASA e aveva dato una risposta scherzosa solo a metà: «I soldi per l'istruzione?» aveva detto. «Be', probabilmente dimezzerei il programma spaziale. Immagino che se la NASA può investire quindici miliardi di dollari l'anno nello spazio, io potrei spendere sette miliardi e mezzo per i bambini qui sulla terra.»

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