Celia l'aveva baciato, raggiante.
Sei mesi più tardi, Celia e Tolland veleggiavano nei pressi di Catalina quando lei aveva accusato un dolore al fianco. L'avevano ignorato per qualche settimana, finché non era diventato insopportabile. Era andata a fare un controllo.
In un istante, la vita meravigliosa di Tolland si era trasformata in un incubo infernale. Celia era malata. Gravemente malata.
«Un linfoma a uno stadio avanzato» aveva spiegato il medico. «Raro in persone della sua età, ma documentato.»
Avevano visitato innumerevoli cliniche e ospedali per consultare specialisti di fama. Sempre la medesima risposta. Incurabile.
"Non posso accettarlo!" Tolland aveva lasciato immediatamente il lavoro allo Scripps Institution, aveva dimenticato i documentari della NBC e dedicato tutte le sue energie e il suo amore ad aiutare Celia a guarire. Anche lei aveva lottato coraggiosamente, sopportando il dolore con una serenità che gliel'aveva resa ancora più cara. La portava a fare lunghe passeggiate sulla spiaggia di Kingman, le preparava pranzi nutrienti, le raccontava quello che avrebbero fatto non appena fosse guarita.
Ma le cose erano andate diversamente.
Soltanto sette mesi dopo, Michael Tolland si era ritrovato accanto al letto della moglie morente in uno squallido reparto ospedaliero. Non riconosceva più il suo viso. La ferocia del cancro aveva rivaleggiato solo con la brutalità della chemioterapia. Era distrutta, ridotta a uno scheletro. Le ultime ore erano state le peggiori.
«Michael» gli aveva sussurrato lei con voce velata. «È arrivato il momento di gettare la spugna.»
«Non posso.» I suoi occhi erano gonfi di lacrime.
«Sei un sopravvissuto. Devi reagire. Promettimi che troverai un altro amore.»
«Non desidererò mai un'altra.» Tolland era convinto delle sue parole.
«Dovrai imparare a farlo.»
Celia era morta in una limpida domenica mattina di giugno. Michael Tolland si era sentito come una nave strappata dagli ormeggi, alla deriva su un mare in tempesta con la bussola fuori uso. Per settimane aveva girato a vuoto. Gli amici avevano cercato di aiutarlo, ma l'orgoglio gli rendeva intollerabile la loro compassione.
"Devi scegliere" si era detto infine. "O lavori o muori."
Facendosi forza, si era buttato nell'avventura delle
In quel momento, il pozzo di estrazione del meteorite si profilò davanti a lui, strappandolo ai suoi dolorosi ricordi. Si scosse via quelle memorie tragiche per avvicinarsi all'apertura. Nella cupola buia, l'acqua aveva un fascino magico, quasi irreale. La superficie brillava come uno stagno rischiarato dalla luna. I suoi occhi furono attratti da alcuni corpuscoli luminosi sullo strato superiore, come se qualcuno vi avesse sparso delle faville verdeazzurre. Le osservò a lungo.
Strano.
A prima vista, pensò che fosse soltanto il riflesso delle luci dall'altra parte della cupola, ma poi si accorse che non era così. Quel luccichio aveva una colorazione verdastra che sembrava pulsare ritmicamente, come se la superficie dell'acqua fosse viva, illuminata dal basso.
Turbato, Tolland oltrepassò i coni per guardare più da vicino.
In un'altra zona dell'habisfera, Rachel Sexton uscì dalla cabina mobile e si ritrovò al buio. Si arrestò un attimo, disorientata. L'habisfera sembrava una caverna aperta, illuminata soltanto dal bagliore delle forti luci dei riflettori, nella zona settentrionale. Innervosita, si diresse istintivamente verso l'area stampa.
Era soddisfatta del suo discorso al personale della Casa Bianca. Una volta ripresasi dal colpo basso del presidente, aveva riferito con calma tutto ciò che sapeva del meteorite. Mentre parlava, aveva osservato i visi passare dall'incredulità a una fiduciosa speranza e, infine, a una sbalordita comprensione.
«Vita extraterrestre?» aveva detto qualcuno. «Ma sapete che cosa significa?»
«Sì» aveva risposto un altro. «Significa che vinceremo questa elezione.»
Nell'avvicinarsi all'area stampa, immaginò l'annuncio imminente e non poté fare a meno di chiedersi se suo padre meritava davvero di essere travolto dalla forza irresistibile del presidente, che in un solo colpo avrebbe mandato in fumo la sua campagna.
La risposta, ovviamente, era sì.