— Per quanto non mi piaccia occuparmi degli affari umani — continuò Raven — mi piace ancora meno l’idea di starmene nascosto sotto una montagna mentre l’atmosfera si incedia, la terra trema in ogni angolo, e molti milioni di esseri umani abbandonano per sempre il palcoscenico della vita. Carson pensa con grande ottimismo che io possa fare qualcosa, da solo. E io voglio tentare, ammesso che l’opposizione mi conceda di vivere il tempo sufficiente. Niente rischi, niente guadagno.
— Perché queste creature debbono essere tanto testarde e idiote? — disse Leina, stringendosi nervosamente le mani. — Cosa devo fare, David?
— Evitare di farti coinvolgere. Sono venuto per distruggere certe carte, ecco tutto. C’è la possibilità di vederli arrivare prima che io possa andarmene. In questo caso, mi dovresti fare un piccolo favore.
— E sarebbe?
— Badare per un po’ di tempo al mio miglior vestito. — Si batté significativamente un dito sul petto. — Mi si addice perfettamente, ed è l’unico che ho. Mi piace, e non voglio perderlo.
—
— Non lo è neppure la guerra. Neppure il suicidio di massa.
— Ma…
— Sss! — Sollevò un dito nell’aria. — Stanno arrivando. Non ci hanno messo molto. — Guardò l’orologio appeso alla parete. — Non sono ancora passate tre ore da quando sono uscito dagli uffici. Questa sì che si chiama efficienza! — Tornò a fissare la donna. — Li senti arrivare?
Lei rimase seduta in silenzio e fece un cenno affermativo. Raven si allontanò in fretta e andò a distruggere i documenti. Rientrò nel momento in cui suonava il campanello della porta. Leina si alzò e fissò incerta il compagno: Raven le fece un cenno rassegnato e lei andò ad aprire la porta. Aveva i modi della persona che agisce senza iniziativa.
Cinque uomini erano raggruppati vicino a uno scafo a forma di proiettile, fermo a quattrocento metri dalla casa, e due erano in attesa di fronte alla porta. Tutti indossavano l’uniforme nera e argento degli agenti della polizia politica. I due alla porta erano corpulenti, con la faccia tirata, e tanto somiglianti da poter essere fratelli. Ma era solo una somiglianza fisica, perché internamente erano diversi. La mente di uno dei due scrutò quella di Leina, l’altra non lo fece. Uno era telepate, l’altro doveva essere qualcos’altro. L’improvviso attacco della mente, che scrutava nella sua, impedì a Leina di esaminare il secondo individuo e di capire quali fossero le sue particolari capacità. Fu costretta a respingere l’attacco chiudendo la mente. L’altro se ne accorse all’istante, e smise il tentativo di frugare nei pensieri della donna.
— Un altro tele — disse al compagno. — Abbiamo fatto bene a venire in parecchi, non ti pare? — Senza aspettare risposta, si rivolse a Leina vocalmente. — Potete parlare a me di vostra spontanea volontà. — Fece una leggera pausa per ridere. — Oppure potete parlare con il mio amico contro la vostra volontà. A voi la scelta. Come potete vedere dalla divisa, siamo della polizia.
Leina smise improvvisamente di stare sulla difensiva.
— Non lo siete per niente. Un agente di polizia avrebbe parlato di collega, non di amico. E non si sarebbe scomodato a specificare la sua professione e a minacciare.
Il secondo uomo, rimasto in silenzio fino a quel momento, si intromise nella conversazione.
— Preferite parlare con me? — disse mentre i suoi occhi si accendevano di una luce strana, simile a quella di due piccole lune. Era un ipnotico.
Leina lo ignorò e si rivolse al primo. — Cosa volete?
— Raven.
— Come?
— È qui — disse l’uomo cercando di guardare al di là delle spalle della donna. — Sappiamo che è qui.
— E allora?
— Deve venire con noi per essere interrogato.
Dall’interno della casa giunse la voce di Raven. — Sei gentile, Leina, a voler trattenere i signori. Ma è inutile. Falli pure entrare.
La donna ebbe un leggero brivido e la sua faccia diventò uno specchio di emozioni, mentre si spostava per farli passare. I due uomini avanzarono smaniosi, come buoi che entrano al macello. Nella mano della donna la maniglia si fece gelata. Sapeva cosa sarebbe successo.
3
Gli intrusi si fermarono non appena varcata la soglia. Avevano un’espressione circospetta, stringevano un’arma in pugno e si tenevano lontani l’uno dall’altro, come temendo che la loro preda fosse capace di eliminarli con un colpo solo.
Raven non si preoccupò di alzarsi dal divano e parve molto divertito della loro paura.
— Oh, il signor Grayson e il signor Steen — disse non appena ebbe lette le loro identità nelle loro menti. — Un telepatico e un ipnotico… con una banda di altri anormali che aspettano fuori. Sono molto onorato.
Grayson, il telepatico, si girò di scatto verso il compagno. — Hai sentito? Ci chiama normali — esclamò. Poi fece un cenno secco a Raven. — Bene, lettore di pensieri, alzatevi in piedi e cominciate a camminare.
— Per andare dove?
— Lo saprete quando sarete arrivato.